lunedì 18 marzo 2013

FRANCESCO NON HA MAI RISCHIATO DI ESSERE BRUCIATO COME ERETICO


Immancabile in ogni pensiero totalitario che si rispetti c’è il momento mistico o esoterico: è arrivato anche per beppegrillo.it.
Si reinterpreta la storia alla luce di sé stessi e la si piega a propria immagine a propria somiglianza. 
Ha scritto sul suo blog beppegrillo.it:
“L'importanza di chiamarsi Francesco. Nessun papa ha mai avuto il coraggio, perché di vero coraggio si tratta, di chiamarsi Francesco. Il santo che la Chiesa voleva bruciare come eretico, il poverello di Dio che si scagliò con il solo esempio contro la lussuria dei cardinali del suo tempo.” 
Esempio di come due semplici righe moltiplicate per tutti quelli che le leggono e non hanno letto nulla di Francesco d’Assisi, possano diventare la verità: la ripetitività è verità!
Francesco sarebbe “Il santo che la Chiesa voleva bruciare come eretico”.
Francesco d’Assisi ha lasciato pochi scritti, ma quei pochi che ha lasciato hanno un punto chiaro e fermo: l’obbedienza al Papa ed alla Chiesa.
Al tempo di Francesco si trattava di obbedire ad una Chiesa potente ed a Papi del calibro di Innocenzo III.
Tra i suoi scritti più importanti Francesco ha lasciato le Regole del suo ordine che hanno come primo punto l’obbedienza al Papa ed alla Chiesa:
la Regola del 1221 che è generalmente chiamata la “Prima Regola” (sebbene indubbiamente vi debba essere stata una prima regola che Innocenzo III accolse da Francesco d’Assisi nel 1209 ed approvò oralmente, oggi perduta) non bollata dal Papa ma che approvò e che inizia così:
 “Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Questa è la norma di vita, che frate Francesco supplicò gli venisse concessa e confermata dal Papa Innocenzo.
Ed egli la concesse e la confermò per sé e per i suoi frati presenti e futuri. Frate Francesco e chiunque sarà capo di questo ordine promette obbedienza e reverenza al Papa Innocenzo, e promette di obbedire ai suoi successori.”
la Regola del 1223, detta regola bollata, cioè approvata da Onorio III con la bolla Solet Annuare del 29 nov. 1223, inizia così:
“La regola e la vita dei frati minori è questa: osservare cioè il santo Vangelo del nostro Signore Gesù Cristo, vivendo l’obbedienza, senza nulla di proprio, e in castità. Frate Francesco promette obbedienza e riverenza al signor Papa Onorio, e ai suoi successori canonicamente eletti, e alla Chiesa romana. E gli altri frati sono tenuti a obbedire a frate Francesco  e ai suoi successori.”
Per capire chi fosse Innocenzo III,  la Chiesa che presiedeva ed a chi ha ubbidito Francesco,  è utile leggere un brano della lettera di Innocenzo III “Sicut universitatis conditor” del 30 ottobre 1198, che contiene la celebre metafora del sole e della luna:
“Come Dio, creatore dell’universo, ha creato due grandi luci nel firmamento del cielo, la più grande per presiedere al giorno e la più piccola per presiedere alla notte, così egli ha stabilito nel firmamento della Chiesa universale, espressa dal nome di cielo, due grandi dignità: la maggiore a presiedere – per così dire – ai giorni cioè alle anime, e la minore a presiedere alle notti cioè ai corpi.  Esse sono l’autorità pontificia e il potere regio. Così, come la luna riceve la sua luce dal sole e per tale ragione è inferiore a lui per quantità e qualità, dimensione ed effetti, similmente il potere regio deriva dall’autorità papale lo splendore della propria dignità e quanto più è con essa a contatto, di tanto maggior luce si adorna, e quanto più ne è distante tanto meno acquista in splendore.”(Franco Gaeta, Pasquale Villani, Documenti e Testimonianze, Principato Ed. Milano, 1972, pag. 100, 101).
Per capire quanto fosse estraneo Francesco ad ogni richiamo ereticale e fosse percepito come tale, basta vedere cosa accadde nel 1209 a chi la Chiesa considerava eretici.
Nel 1209 Innocenzo III indice la crociata contro i catari.
Il 22 luglio 1209 tutta la popolazione di Béziers, circa quarantamila persone,  è massacrata nella presa della città da parte dei crociati che proseguono la crociata contro gli albigesi prendendo anche Carcassonne, Albi, Pamiers e Mirepoix.
Nel 1209 Francesco e i suoi pochi primi fraticelli si recano e sono ricevuti da Innocenzo III per farsi approvare la regola.
Tutti i 17 anni di pontificato di Innocenzo III saranno poi improntati alla lotta contro gli eretici:
“energico, autoritario, esponente di un partito d’azione formatosi a Roma sotto il debole Celestino III suo predecessore, egli si profonde nella lotta. Vigila su tutto e su tutti. Vorrebbe, come Argo e Briareo, aver cento occhi e cento braccia.
Adopera a volta a volta i modi blandi ed i modi energici, è seduttore e violento.
Lavora a tener nel pugno, come maneggevole strumento, il clero […] La sua penna corre instancabile sulla pergamena per ammonire, esortare, minacciare, consigliare.” (G. Volpe, religiosi e sette ereticali, Ed. Sansoni, Firenze, 1972,   pag. 82).
Francesco d’Assisi non si è mai interessato delle persecuzioni contro gli eretici, né ha mai scritto nulla in loro difesa od in loro accusa: semplicemente non esistevano per lui tutto concentrato sulla sua povertà.
Eppure Francesco conosceva la realtà catara:
“Venuto su in una regione piena di Catari, anzi in una città che al principio del XIII sec. chiamò al reggimento comunale un eretico, l’uomo d’Assisi, spogliatosi  pur esso dei lucri mercantili a benefizio dei poveri, ha, come Pietro Valdo, per ideali direttivi la povertà, la vita  apostolica, il risveglio delle anime con la predicazione. Ai Poveri di Lione e Poveri Lombardi corrispondevano i Poverelli di S. Francesco. Non diversamente da Valdesi e dalle altre sette, la più antica comunione francescana ha e vuole intimità di spirito fra uomini e donne. Non diversamente dai Catari e dagli Umiliati, vuole anche esso lavorare manualmente” (G. Volpe, religiosi e sette ereticali, Ed. Sansoni, Firenze, 1972,  pag. 59).
Gli eretici potevano venire bruciati e uccisi sì per le dottrine non ortodosse che professavano o per le critiche che facevano alla Chiesa. Ma la ragione prima e ultima era sempre una: perché non obbedivano alla Chiesa ed al Papa. Questa in definitiva era la sola ed unica ragione per la quale erano out.
Gli obbedienti al Papa ed alla Chiesa hanno potuto fare poi tutto quello che volevano dentro la Chiesa: fare o i super ricchi o i super poveri.
Francesco ha scelto di fare il povero. Tra lui, Valdo o un qualsiasi cataro non c’era molta differenza né di aspetto, né di condizione di vita: l’unica basilare differenza era che Francesco obbediva alla Chiesa e che Valdo o un cataro non le obbedivano.
La sola disobbedienza che praticò Francesco fu quella contro suo padre. Nella primavera del 1207 quando Francesco si ribellò a suo padre Pietro di Bernardone, si spogliò di tutto anche dei vestiti, rimase nudo e si mie sotto la protezione del vescovo di Assisi Guido II massima autorità della Chiesa in quella città.
Da allora non smise mai più di obbedire alla Chiesa e la Chiesa non fu così miope da contrastare un suo fedele obbediente che poteva essere contrapposto ai movimenti ereticali dell’epoca. Francesco e la sua povertà divennero da allora un deposito prezioso dal quale la Chiesa poté e può attingere e utilizzare come e quando vuole.
Per quanto riguarda l’affermazione che “il poverello di Dio si scagliò con il solo esempio contro la lussuria dei cardinali del suo tempo” si può solo rilevare che nei suoi Ammonimenti  capo XXVI, Francesco scrisse di non giudicare i chierici, il corpo sacerdotale:
“Beato il servo di Dio che ha fiducia nei chierici, i quali vivono rettamente secondo le norme della santa Chiesa romana, e guai a quelli che li disprezzano: infatti anche se sono peccatori, nessuno deve giudicarli, perché solo il Signore stesso riserva a sé il diritto di giudicarli. Infatti, di quanto è più grande di tutti il loro ministero, che esercitano intorno al santissimo corpo e al santissimo sangue del nostro Signore Gesù Cristo, che essi ricevono e solo amministrato agli altri, di tanto più grande è il peccato di coloro che peccano contro di essi, che se peccassero contro tutti gli altri uomini di questo mondo.”
Francesco era pienamente un uomo del medioevo. Aborriva i libri, i suoi frati non li potevano possedere. Era obbediente e aveva una unica preoccupazione essere povero ed ultimo. E’ stata questa la sua grandezza: non predicava la povertà, ma la viveva.
La sua povertà era esistenziale non dottrinale. Non faceva sottoscrivere a nessuno regole da seguire: la sua regola era il Vangelo e l’essere povero.    
Nell’orizzonte di Francesco quindi non potevano neppure esistere le opere sociali, poiché uno povero veramente non ha alcuna risorsa per fare del bene agli altri.
Lui rispetto alle opere sociali era quello che doveva essere aiutato non quello che aiutava.
Per chi è interessato ecco una piccola raccolta bibliografica di testi riguardanti Francesco d’Assisi:
Fra  Tommaso da Celano, Vita di S. Francesco d’Assisi e Trattato dei Miracoli;
Tutti gli scritti di San Francesco; I Fioretti di San Francesco;
Frate Leone e compagni, S. Francesco d’Assisi; I fiori dei tre compagni;
Beato Egidio di Assisi, I detti; Frate Leone, Lo specchio di perfezione;
Le sacre nozze del beato Francesco con Madonna Povertà; La leggenda dei tre compagni;  Paul Sabatier, Vita di San Francesco; J. Joergensen, San Francesco d’Assisi; L. Savatorelli, Vita di San Francesco d’Assisi, P. Dallari, Il dramma di Frate Elia; G. E. Lovrovich, Jacopa dei Settesoli.


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